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Depuratori chimico-fisici

Depuratori chimico-fisici

particolare-IMPIANTO-CHIMICO-FISICO-web_780c55e8.jpgIl trattamento chimico-fisico è il processo più frequentemente utilizzato per il disinquinamento di liquami caratterizzati da una presenza di inquinanti difficilmente biodegradabili (se non addirittura del tutto non biodegradabili). Tali sono molte acque reflue di origine industriale.

Questa tecnica rimuove le sostanze inquinanti di natura sospesa e colloidale con un procedimento che prevede due step:

  • Flocculazione: l’acqua da trattare viene additivata di un correttore del pH, un agente coagulante e un flocculante. Qui i fiocchi di fango che contengono i contaminanti si aggregano rimanendo in sospensione.
  • Chiarificazione: in questa fase i fiocchi vengono separati dall’acqua mediante sedimentazione o flottazione. I contaminanti pertanto vengono rimossi sotto forma di fango.

9A-depuratori-chimico-fisici_528c619d.jpg Nel caso in cui l’acqua chiarificata presenti ancora un grado di inquinamento eccessivo (solitamente la cosa si verifica se sono presenti sostanze e microinquinanti che sfuggono al trattamento chimico-fisico) si deve effettuare un affinamento tramite filtrazione (filtri a sabbia e a carboni attivi). 

APPLICAZIONI

Individuare delle vere e proprie categorie specifiche di acque che richiedono un trattamento chimico-fisico è una pretesa alquanto velleitaria. In generale, come già detto, si tratta di acque reflue di origine industriale caratterizzate dalla presenza di sostanze originarie da sintesi chimica e che non sono biodegradabili. Tanto per fare alcuni esempi, è questo degli autolavaggi, delle officine meccaniche, delle industrie chimiche e petrolchimiche, farmaceutiche, cementifici, cave, mobilifici, ecc…

A meno di casi ormai considerati “standard” e di frequente applicazione (come ad esempio gli autolavaggi), l’utilizzo di un depuratore chimico-fisico va accuratamente valutato con apposite prove di flocculazione e sedimentazione da fare in laboratorio per conoscere gli effetti reali del trattamento e al fine di individuare gli additivi chimici più adatti (con i relativi dosaggi). Nella pratica infatti ogni caso è differente dagli altri, sia come tipologia di inquinanti che come portata delle acque da trattare e va affrontato di volta in volta: lo Studio di Progettazione che collabora con noi è a disposizione in tal senso per un consulto gratuito in tal proposito.

COMPONENTI STANDARD

In generale un impianto di questa tipologia comprende i seguenti componenti.

Vasca di bilanciamento degli scarichi. Qui vengono raccolte le acque reflue per venire rilanciati ad una portata costante mediante una pompa sommersa che provvede inoltre (mediante il ricircolo di gran parte della portata erogata) alla miscelazione all’interno del bacino di bilanciamento stesso al fine di omogeneizzare gli inquinanti.

Vasche di neutralizzazione, coagulazione e flocculazione. In realtà nella pratica comune si tratta di veri e propri pozzetti (in quanto non si necessita di grosse volumetrie, in genere bastano pochi metri cubi) dove avviene la miscelazione dell’acqua rilanciata con gli additivi chimici necessari (la cui natura, come già detto, va valutata di caso in caso ma che solitamente sono soluzioni di policloruro di alluminio o ferro, idrossido di sodio e polielettroliti). L’azione di questi è solitamente facilitata da degli appositi agitatori ad elica (o da aria insufflata) e vengono inoculati da una stazione di dosaggio munita di pompe comandate sia dal funzionamento della pompa di rilancio a monte che da una sonda di misurazione del pH all’interno dei pozzetti.

Bacino di sedimentazione. Qui si provvede alla separazione per gravità dei fiocchi di fango che si sono formati nella miscela proveniente dal pozzetto di flocculazione e che qui si depositano sulla tramoggia di fondo, dove si addensano. Contemporaneamente il surnatante chiarificato tracima da una canaletta di sfioro per poi finire poi in un vano di accumulo o direttamente a scarico. Il fango sedimentato viene estratto dal fondo della tramoggia da una pompa che lo rilancia ad un bacino di accumulo. Qui tende di nuovo a sedimentare sul fondo, subendo anche un certo ispessimento e da qui deve essere periodicamente spurgato e conferito ad un centro di trattamento. In alternativa può essere disidratato sul posto con un procedimento che può essere di varia natura (in genere a sacchi filtranti, mediante una filtropressa o una nastropressa).

Nel caso in cui l’acqua chiarificata necessiti di un ulteriore affinamento deve essere rilanciata da una pompa sommersa alla stazione di filtrazione. Comunemente quest’ultima è composta da due filtri in pressione a sabbia e a carboni attivi dotati di circuito di controlavaggio e in questo caso il sistema deve comunque prevedere un bacino di accumulo del refluo chiarificato.

NORMATIVE

In generale la normativa di riferimento è il D.Lgs. n° 152/2006 e si deve solitamente far riferimento ai limiti di emissione dei parametri di inquinamento previsti dalle tabelle 3 e 4 dell’allegato 5 alla parte terza. 

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