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Impianti di depurazione acque per caseifici

Impianti di depurazione acque per caseifici

Le acque di scarico derivanti dalle attività lavorative delle aziende casearie comprendono sia i sottoprodotti liquidi di scarto del processo produttivo stesso (latticello, siero, scotta, ecc…) che le acque di lavaggio risultanti dalle operazioni di pulizia del prodotto finito, delle attrezzature, dei locali dove avvengono le lavorazioni e dei mezzi di trasporto del latte.

Riguardo i sottoprodotti, poiché sono caratterizzati da un elevato inquinamento, è bene che non siano conferiti all’impianto di depurazione ma vengano utilizzati in zootecnia (generalmente come alimento per i suini o come materia prima per la produzione di sieroproteine). Stesso discorso per le salamoie esauste sottoprodotto della salatura, poiché possono disturbare ed inibire l’attività batterica nei depuratori a causa dell’alto tenore di cloruri.

Ci si deve pertanto limitare al trattamento delle acque di lavaggio i cui relativi inquinanti sono rappresentati dai residui del latte e dei sottoprodotti. A questi si aggiungono eventualmente le sostanze usate nella lavorazione e i prodotti utilizzati nel lavaggio e nella disinfezione delle attrezzature e degli ambienti. Da ciò ne consegue un effluente di solito leggermente acido (con pH nel range 5,5-7,5) e dove (in base ai dati disponibili in letteratura) le concentrazioni degli inquinanti in questi scarichi sono grossomodo quelli riportati nella tabella sotto.

 

Concentrazioni

Solidi sospesi

350

BOD5

1500

COD

3000

TKN

50

Fosforo

25

Grassi e oli

80

Tensioattivi

10

Dal punto di vista normativo, la regolamentazione di questi scarichi riguarda soprattutto la questione della loro assimilabilità a quelli domestici: senza addentrarci in questa sede nei particolari, basti qui accennare al fatto che questa è regolamentata da leggi regionali in base alle disposizioni riportate nell’art. 101 (punto 7) della Parte terza del D.Lgs. n. 152/2006, disposizioni poi riconsiderate dal D.P.R. n. 227/2011 (semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale): in particolare è l’art. 2 che tratta i criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche.

Il sistema di trattamento che solitamente proponiamo prevede l’adozione di un letto di fitodepurazione. La fitodepurazione è un processo naturale di rimozione degli inquinanti che si basa sull’autodepurazione in ambiente acquatico, conosciuto sin dall’antichità e che si sta diffondendo molto negli ultimi anni, visti i bassi costi di realizzazione e manutenzione e l’ottima affidabilità.

La sua principale controindicazione è l’elevata estensione di superfici necessarie. Per ovviare però a tale inconveniente si sta diffondendo la tendenza ad adottare la fitodepurazione per il trattamento terziario e di “affinamento” dell’effluente proveniente da un trattamento secondario biologico in quanto quest’ultimo opera una certa rimozione degli inquinanti riducendo tale esigenza di superficie. Per quanto riguarda il trattamento primario, si adotta un separatore di grassi (degrassatore) che provvede alla rimozione delle sostanze flottanti mentre per il trattamento secondario si utilizza il bacino di bilanciamento idraulico e filtrazione biologica.

Impianti di depurazione acque per caseificiEntrambe le unità che precedono la fitodepurazione sono realizzate con l’impiego delle vasche monoblocco prefabbricate in cemento armato vibrato di nostra produzione. Per maggiori particolari sulla loro realizzazione si rimanda alla specifiche sezioni.

Nella foto si riporta un tipico letto di fitodepurazione.

Combinato al bacino di bilanciamento e filtrazione biologica, l’impianto di fitodepurazione viene alimentato con un’acqua che risulta (rispetto alle condizioni a monte) molto meno inquinata, più biodegradabile, ben ossigenata ed equalizzata temporalmente. Ne conseguono ottime prestazioni soprattutto nei casi in cui è richiesta un’efficienza depurativa molto elevata, come appunto nel caso degli scarichi dei caseifici.

Sono ormai comprovati gli ottimi risultati che si possono ottenere applicando la fitodepurazione in molteplici campi che richiedono il trattamento di reflui sia domestici che industriali, in primis i casi di reflui di origine casearia.

Nei casi in cui non sia possibile applicare tale sistema combinato (tipicamente quando non si ha disponibilità di superficie per la fitodepurazione) si può prevedere un depuratore che deve essere necessariamente a doppio stadio biologico. Il primo processo anche in questo caso sarà del tipo a biomassa adesa ed effettuato dal bacino di bilanciamento idraulico e filtrazione biologica (analogo al caso precedente), seguito da un processo a biomassa sospesa (fanghi attivi). Quest’ultimo è composto dai bacini di ossidazione biologica, di sedimentazione secondaria e di accumulo, ispessimento e digestione anaerobica del fango di supero.

L’uso del reattore a fanghi attivi per il trattamento terziario al posto della fitodepurazione comporta costi superiori sia in fase di realizzazione che di gestione (per lo smaltimento del fango di supero), come già accennato in precedenza. Tuttavia le prestazioni di questo sistema non sono inferiori in quanto viene comunque applicato un doppio stadio di trattamento.

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